L'eterno viaggio

La modalità espressiva di Alessandra Carloni accarezza la semplicità di divulgazione in un modo unico e allo stesso tempo profondissimo: solleticando, volutamente, la dimensione del fumetto, come scelta inevitabile per propugnare le sconfinatezze e le immensità che custodisce e porta in eco con Lei e che, viceversa, senza la messa in moto dell’ingranaggio della semplicità d’espressione come medium, come tramite tra l’Arte e la Realtà, sarebbero state troppo pesanti da affrontare.

Data inizio: 16 Dicembre 2022
Data Fine: 22 Dicembre 2022
Location: Portici (NA) - Museo Nazionale di Pietrarsa
  

Leggi il testo critico a cura di
Luca Cantore D’Amore

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Il progetto

Il Protagonista di Alessandra Carloni attraversa venti, tempeste, uragani, cieli, mareggiate, deserti e irte montagne: pienamente consapevole, per giunta, che, essi, gli scenari in cui inciampa ogni volta, sono dei veri e propri stati d’animo. Sono squarci interiori, crepe endogene, paesaggi sentimentali che si porta dentro - che ci portiamo dentro - e dai quali, per questa ragione, è impossibile uscire. Probabilmente solo domare, in un tempo del domani che, per molti, non arriverà mai.

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Il progetto

Il progetto L’ignoto che non fa paura di Ciro Palumbo parte dalla traduzione di An unknown that does not terrify, il titolo del Padiglione Grenada alla Biennale d’Arte di Venezia.

Il 22 ottobre alee 17.30 presso Il Giardino Bianco Art Space, sede del Padiglione Grenada, avrà luogo la sinossi dell’opera “Accogli l’ignoto”, realizzata appositamente per questo progetto. L’operazione è stata supportata dalla Dadart, azienda di professionisti specializzati nell’Art Advisory.

Così la Dott.ssa Stefania Pieralice scrive dell’opera di Palumbo: «Una selva inconscia e arcana, “oscura” a sentir Dante, senza traccia né dell’uomo né di Dio. Echi romantici e simbolisti rivelano, in un’ambientazione notturna silente o in elementi imponderabili, rimandi ai lavori di Caspar David Friedrich, Karl Wilhelm Diefenbach, Odilon Redon. Bianche rocce, simili a lisci piedistalli marmorei, si ergono in primo piano accogliendo una tra le due barche a remi, forse relitti di speranze o scialuppe di salvezze.

Eccolo il “naufragio” dell’anima, calato in una scena che nulla ha di terreno, così immobile e sospesa in un tempo remoto, oltre gli astri. E il Maestro in quei silenzi ricorda che siamo lì, come morti dentro al niente, in attesa di scavare nella quiete metafisica un sussurro, una parola, un amplesso di profumi.

Una sfera a stelle bianche - queste ultime sono il lemma ricorrente con cui terminano le tre cantiche della Divina Commedia - e una piccola piramide richiamano la trasmutazione e con essa i processi alchemici, come a dire che in quest’ora persa l’ignoto non fa paura. Ormai l’amore annega nella polvere del tempo e il salvagente non porterà a nessun approdo. L’albero maestro è spogliato della sua vela che ora giace caduta, come fosse un sudario. Solo volare significherà amare, quell’ala sfumata tra rosso, bruno, giallo e bianco è lì a ricordare il nuovo ritorno alla Luce, alla religione dei corpi. Salpate anime! Verso un nuovo viaggio, lontano dalla morte; tornate ad essere quello che foste alla nascita, così candide, innocenti, piene di grazia! E allora l’eterno Mistero del mondo giunge a noi più chiaro, in quei momenti irripetibili sottratti al divenire storico, negli ultimi appelli alla gioia e alla clemenza, nelle imprese titaniche di vivificare gli esseri arresi e smarriti, fuori dal presente e ancora altrove.

La narrazione diviene intimissima disvelando la crepa, il bilico, la caduta, l’anima scossa dell’autore che sogna, come pochi, il mito dello stare al mondo perché solo allora usciremo “a riveder le stelle”.».

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